Cari amici dello Yamaha Music club bentrovati!
Con un pizzico di emozione scrivo questo mio primissimo articolo che spero vi piaccia. Vi parlerò del lavoro che in questi mesi mi sta impegnando in giro per i teatri di tutta Italia, il Musical Mamma Mia!
Il Tour… vita da Musical!
Il tour è partito il 29 Settembre2018 dall’Arena di Verona e finirà il 20 Marzo 2019 a Messina con un totale di circa 110 repliche. Un lavoro duro e impegnativo che mi vede coinvolto come unico chitarrista della band, composta da sei elementi totali, diretta dal Maestro e Direttore Musicale Emanuele Friello. La regia è firmata da Massimo Romeo Piparo mentre la produzione è della PeepArrow. Lavorare in un musical è affascinante e divertente, ma anche impegnativo e pressante. Nel momento in cui sto scrivendo mi trovo su un Frecciarossa a tutta velocità verso Milano dove mi aspettano per i prossimi undici giorni ben tredici repliche, già questo è abbastanza significativo per capire l’impegno. Se non dovesse bastare aggiungete soundcheck ogni volta che si cambia location, con rispettivo prova dei brani per ogni solista, per il coro, più prove varie che possono essere inserite nell’ordine del giorno per le coreografie, per eventuali sostituti nel cast, per i tecnici audio, eventuali registrazioni da fare….insomma direi che non ci si annoia.
Lavorare in un musical comporta una buona disciplina e concentrazione per noi musicisti. Saper leggere bene è di fondamentale importanza. Con così tante repliche e prove si potrebbe pensare che alla fine si memorizza tutto, probabilmente è così, però bisogna sapere che il musical non è un concerto o un live tradizionale. Non sono semplici canzoni da eseguire secondo una scaletta, piuttosto è uno spettacolo in cui musica, danza e recitazione vanno di pari passo e sono strettamente legate una all’altra. Ogni coreografia è studiata e sincronizzata con la musica che a sua volta è sincronizzata con le canzoni e le parti recitate: non si può correre il rischio di perdersi o perdere qualche nota, accento o pausa. Anche la più insignificante nota o pausa musicale, infatti, è legata ad un qualcosa che avviene in scena, nella coreografia o nelle parti recitate. Molto importante è poi la dinamica che va rispettata per favorire le parti recitate durante gli underscore, per non parlare delle numerose battute di pausa che spesso ci si trova a contare prima di entrare con il nostro strumento. Insomma al di là delle fantastiche canzoni degli ABBA c’è da relazionarsi con lo show: una macchina di circa trenta elementi, tra ballerini, attori e musicisti, che deve essere ben coordinata e di cui noi della band siamo il motore trainante. Avere la parte con indicate battute, note, accordi, segni di espressioni e di dinamica ci permette di essere meno dipendenti dalla memoria e di concentrarsi esclusivamente sulla lettura e sull’esecuzione.
Quale strumentazione usare in un musical?
Importantissima è la scelta della strumentazione che deve essere funzionale allo spettacolo in tutto e per tutto. La scelta migliore che potessi fare è stata quella di portare con me la Helix di Line 6 e andare in diretta nell’impianto piuttosto che affidarmi ad un classico setup analogico. Nelle situazioni teatrali in genere lo spazio a disposizione non è mai molto. Se l’orchestra è nella buca gli spazi sono stretti, se capita, come nel nostro caso, di essere in scena la situazione è ancora più complicata.
Quella che vedete in foto è la scenografia di Mamma Mia! e noi della band siamo al piano superiore dove si vedono le vetrate.
Con questo escamotage la batteria è messa dietro i pannelli di plexiglas permettendo un buon isolamento dal palco e dalla platea. Il resto di noi è dietro dei teli dipinti che impediscono di farci vedere nei momenti in cui non suoniamo ma che, grazie alle luci all’interno della casa, ci rendono visibili ogni volta che entriamo in azione. Idea molto interessante e intelligente. Trovo importantissimo per un musical avere l’orchestra in vista, dà ancora più fascino alla dimensione live del musical, ma allo stesso tempo siamo esclusi dalla scena quando non suoniamo. Come potete immaginare all’interno della casetta siamo in sei: batteria, basso chitarra e tre tastieristi. Lo spazio è abbastanza ristretto da non permettere l’utilizzo di amplificatori che, oltretutto, avrebbero bisogno di volume e distanza per essere usati sensatamente. Essendo inoltre gli ascolti tutti in-ear monitor, ed essendo la batteria l’unico strumento acustico, la cosa più sensata è stata scegliere di andare in diretta. Oltre a spazio e gestione del volume, la scelta digitale si è rivelata vincente per la qualità dei suoni, che hanno entusiasmato fonico e direttore musicale, ma anche per la praticità e affidabilità.
Immaginate che la mia Helix è accesa quotidianamente almeno per cinque ore, che diventano almeno nove quando facciamo il doppio spettacolo. Considerate inoltre le prove, i soundcheck, l’allestimento, e le repliche quotidiane per cinque mesi. Se fate due conti immaginate quanto sia breve e precaria la vita di una valvola e quanti rischi mi farebbe correre. Oltre all’affidabilità va considerata anche la praticità. Grazie ad Helix mi sono creato dei Preset, brano per brano, con riferimento e dettagli ad hoc canzone per canzone. I preset sono in scaletta e all’interno di ogni preset uso gli snapshot per crearmi dei “sottopreset” da usare per strofa, rit, solo etc etc. Con Helix ho tutti i nomi dei preset e quindi delle canzoni scritte e gli snapshot rinominati per ogni footswitch per ogni preset.
Una comodità incredibile per il live!
Per non parlare poi della gestione degli effetti e della catena del suono. Uno delle cose più utili per il lavoro teatrale è il pedale del volume. Permette di gestire i nostri interventi in maniera pulita e controllata, specie sui suoni distorti che sono i più molesti. Nella catena del suono la posizione del pedale del volume varia da brano a brano. Ci sono dei brani in cui il pedale del volume è a inizio catena, lo uso così per “pulire” i suoni distorti, in altri brani è dopo gli ampli ma prima degli effetti di ambiente (reverberi e delay) per avere delle belle code “pulite” dei suoni distorti, in altri casi è dopo gli effetti di ambiente e delay per avere la possibilità di chiudere il mio suono, code di Delay e riverbero compresi, per le chiusure secche di alcuni brani.
Insomma se avessi dovuto affidarmi ad un serio setup analogico avrei dovuto avere almeno due pedali volume.
Per gli ascolti ci si affida agli in-ear monitor che permettono di avere un palco molto silenzioso lasciando la batteria come unico strumento udibile. In questi casi gli in-ear con il calco personalizzato sono di fondamentale importanza e possono essere davvero un valore aggiunto per la qualità del proprio ascolto e lavoro. Isolano infatti in maniera importante dalla batteria, che tra l’altro ho a venti centimetri dal mio orecchio destro, e dal pubblico che è sempre numeroso ed entusiasta ma batte spesso le mani fuori tempo 🙂
Grazie al sistema Aviom ogni musicista di regola il proprio monitoring a piacere. È una sorta di mixer personale, con un canale per ogni strumento, in cui si possono salvare le varie regolazioni. Per il mio ascolto ho deciso di tenere a un volume importante click, batteria, basso e ovviamente chitarra. Le tastiere le tengo un po’ sotto mentre tengo molto sotto, a livello leggermente percettibile, voci, cori e sequenze. Tengo ben a fuoco tutta la sezione ritmica perché è la cosa che più mi interessa e che deve funzionare.
Quasi dimenticavo….come Chitarre ho portato con me una James Tyler Black Classic e una Yamaha Pacifica 611VFM. Per i suoni richiesti ho bisogno infatti di suoni che spaziano dal disco-funk a suoni clean tipicamente pop, fino a power chord distorti e suoni lead grossi e potenti, spesso ho bisogno della leva vibrato: con queste due chitarre ho a disposizione l’intera gamma di suoni che mi servono. L’acustica che uso è una Yamaha Ac5r, ottima da usare live per qualità del suono elettrificato e per maneggevolezza e comodità. La amplifico utilizzando un preamp a pedale della Fishman.
Una famiglia…“Cast”
Nella vita di un tour così lungo e impegnativo capita di stare fuori anche per venti giorni, in cui si fanno repliche quotidiane, e si torna a casa solo per poche ore prima di ripartire per la prossima città. La cosa più difficile non è tanto suonare e fare lo spettacolo, ma convivere H24 con i musicisti, l’ensemble, gli attori, i tecnici, i fonici: diventano loro la tua famiglia e devi confrontarti con le esigenze, gli orari e le abitudini di ognuno. Avere nella compagnia le persone giuste è davvero importante perché basta poco per rovinare il clima e i rapporti tra tutti. Fortunatamente la PeepArrow è una garanzia da anni in fatto di musical e la selezione del materiale umano e artistico è avvenuta in maniera certosina: l’intera compagnia è meravigliosamente perfetta. Una macchina gigante in cui tutti gli ingranaggi girano alla perfezione. In particolare vorrei menzionare i miei fantastici compagni di band che, ormai, sono per me come una famiglia: Pino Saracini al basso, Stefano Marazzi alla batteria, Fabrizio Siciliano Tastiera 1, Bruno Ferri Tastiera 2, Sabino Loiodice Tastiera 3.
Bene, spero che questo mio racconto vi sia piaciuto e vi abbia tolto qualche dubbio o curiosità su questo fantastico lavoro.
Alla prossima