Lo studio di registrazione è un luogo magico, in cui l’artista si esprime e manifesta le sue creazioni, di solito è insonorizzato dall’esterno, acusticamente “neutro” e studiato in modo da non enfatizzare le frequenze, ma ci sono casi in cui una chiesa o un teatro possono essere scelti proprio per il motivo opposto, perché creano lunghi riverberi e lasciano sprigionare tutti gli armonici.
Che si tratti di un coro di angeli, del rumore della pioggia o del mare, della fisarmonica di Stradella, o di un‘orchestra di mille balalaike, il suono va captato nella sua totalità, con la massima fedeltà, e quindi senza compressioni. I microfoni vengono scelti e posizionati con cura da operatori esperti, con intuito ed esperienza, seguendo regole precise che rispettino la distanza dallo strumento o dall’amplificatore, che captino il suono dalla sorgente, ma anche la sua naturale riverberazione nella stanza, scelta proprio per le sue caratteristiche acustiche.
Il suono viene quindi captato e registrato nella sua pienezza, ma tenendo già conto del gusto dell’artista e del genere musicale: qualcuno preferisce suoni caldi, profondi, ricchi di bassi, altri preferiscono suoni più brillanti, che risaltino maggiormente nell’arrangiamento. La posizione dei microfoni per registrare il suono del pianoforte meriterebbe un capitolo a sé. Il suono rimbalza miliardi di volte tra la tavola armonica e il coperchio. Al microfono non arriva quindi un suono univoco, ma la somma dei rimbalzi del suono! Ciò è molto complesso da gestire, ma permette di operare delle scelte sul suono che si desidera ottenere, sin dal posizionamento dei microfoni. Dopodiché i suoni possono esser processati attraverso effetti, vengono mixati per fare risaltare alcuni strumenti rispetto ad altri: la voce di solito sovrasta il resto della band nella musica pop, bene equilibrati devono invece essere i molteplici interventi in un’orchestra sinfonica. Infine il mastering processa tutto il suono in modo che il brano possa essere ascoltato sia in un impianto hi-fi, dove ovviamente sfavillerà, sia negli auricolari. È ottimale che questa ultima fase venga affidata ad una figura apposita, che ascolti le tracce con orecchie “fresche”, che tolga le frequenze inutili, troppo gravi o troppo acute, ma che danno fastidio nell’ascolto finale.
A seconda che una traccia debba essere ottimizzata per il cinema, per l’impianto di una discoteca, o per la distribuzione in formato compresso sui canali di musica liquida, vengono preparati mastering differenziati. Di solito se ne effettuano tre:
- Un mastering globale, che finirà sul cd o nella colonna sonora del film. In questo formato è possibile udire chiaramente i respiri, l’archetto che sfiora la corda, un flauto in lontananza… Nulla viene perso, ovviamente se ascoltato poi in un impianto adeguato. Tutto ciò che viene pensato dal compositore, qui è presente. Paradossalmente, in alcuni generi musicali, le tracce vengono poi “sporcate” con processori analogici, per eliminare la freddezza del digitale. “Il formato digitale è la verità che a volte può non piacere” diceva Alan Parson
- Un mastering per il vinile, dove vengono eliminate completamente le frequenze basse, che non verrebbero captate dalla puntina del giradischi
- Un mastering ottimizzato per la compressione in cui vengono eliminate, ad esempio, tutte le frequenze che si trovano sotto i 30Hz. L’orecchio non se ne accorgerà neppure, ma l’impianto di amplificazione sì: lasciando le frequenze gravi l’altoparlante verrebbe impegnato da quella corrente, senza riuscire a riprodurre le frequenze che invece sono fondamentali per il nostro ascolto. In questo caso, si presuppone che la musica liquida verrà ascoltata in un telefonino, in un tablet o al massimo nelle piccole casse del computer. Pensate che iTunes, per regola, rifiuta i brani che superano un certo limite di loudness, perché creerebbero troppi rumori e distorsioni negli auricolari.
Un’ultima precisazione sul formato: le grandi produzioni (il cinema, per esempio) registrano il suono a 96kHz, un formato enorme, che necessita di apparecchiature e programmi dalle alte prestazioni, hard-disk che gestiscano fino a 50 MB al minuto, destinati al dolby-surround delle sale. Questo formato è ottimale nella musica classica, dove la dinamica è enfatizzata, dal pianissimo al fortissimo. Nelle produzioni più comuni, invece, il suono acustico viene captato e trasformato in 48kHz, per poi essere compresso a 44.1kHz, il formato del CD. E poi, le compressioni.
Ringrazio Fabrizio Argiolas, fonico di fiducia, che mi ha rivelato i preziosi segreti del suo mestiere.
Chi Sono – Marta Caldara Concertista, formatrice, dimostratrice. Qualsiasi attività preveda l’utilizzo di un pianoforte mi trova sempre coinvolta in prima linea! Adoro l’atmosfera del live e centinaia sono i progetti di questo tipo che mi vedono impegnata. In questo blog vi terrò aggiornati sui progetti e sulle ultime novità dal mondo Yamaha.